Guerra in Ucraina: ecco quali saranno gli impatti sulla transizione ecologica

La guerra in Ucraina ha messo in evidenza la forte dipendenza dell’Italia, e di buona parte dell’Europa, dalla Russia. Tutto ciò sta creando un forte impatto negativo sui percorsi di transizione ecologica avviati negli ultimi anni.

Per far fronte alla mancanza di gas, l’Italia si troverà costretta a utilizzare soluzioni alternative, che potrebbero quindi allontanare il nostro Paese dal raggiungimento degli obiettivi climatici.

In Italia il gas fornisce il 41,8% del fabbisogno energetico e ¾ di gas arrivano direttamente da Mosca. Inoltre, le importazioni sono addirittura aumentate negli ultimi due anni passando da 20 a 29 miliardi di metri cubi di gas. Gli stati che in un breve futuro potrebbero diventare sostituti della Russia sono Qatar, Algeria, Angola e Congo che, secondo Eni, potrebbero aiutarci a sostituire il 50% del gas russo.

Tutte queste misure non sono affatto in linea con i punti dell’agenda ambientale che ci si era prefissati di raggiungere: l’Unione Europea richiede, infatti, di ridurre l’utilizzo del gas del 55% in favore di energia pulita. Purtroppo in Italia le risorse rinnovabili risultano contribuire al fabbisogno energetico nazionale per meno del 20%.

Secondo Our World in Data nel 2019 le rinnovabili erano pari al 16,3%. Molto vicini quindi alla Germania (17,5%) e superiore alla Francia (11,7%) e Regno Unito (14,5%). Nel periodo tra gli anni 70 e il 2000 le nostre percentuali erano bassissime, quasi insignificanti, ovvero tra il 5 e il 9%. La vera crescita del settore in Italia si è vista a partire dal 2007 per poi subire delle battute d’arresto negli anni successivi e riprendersi solo dopo il 2017.

I Paesi in testa alla classifica mondiale sono ancora una volta Norvegia e Islanda che sono in grado di produrre energia elettrica facendo affidamento interamente sulle fonti rinnovabili.

In Italia la maggior parte delle energie rinnovabili derivano dall’acqua grazie ai circa 4.300 impianti idroelettrici, per lo più di piccole dimensioni, situati principalmente nelle regioni del Nord:

      –   Lombardia: 27%

      –   Trentino Alto Adige: 19%

      –   Piemonte: 15%

      –   Veneto: 6%

      –   Val d’Aosta: 5%

      –   Friuli Venezia Giulia: 3%

Al secondo posto troviamo il fotovoltaico, cresciuto a dismisura negli ultimi dieci anni, e al terzo l’eolico.

Un’opportunità persa per le rinnovabili

Negli ultimi due anni la crisi causata dal Covid-19 è stata vista da molti come il momento giusto per poter potenziare al massimo il settore delle fonti rinnovabili e giungere alla tanto agognata transizione energetica. Purtroppo ciò non è avvenuto e solo il 6% delle risorse investite dal Paesi G20 è stata dedicata all’energia pulita.

Ora la guerra in Ucraina ci pone davanti agli stessi quesiti: come accelerare sulle rinnovabili? Il rapporto  World Energy Transitions Outlook, presentato dall’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (Irena), indica come sia necessario investire almeno 5.700 miliardi di euro l’anno per poter soddisfare i limiti imposti dall’Accordo di Parigi. E pare proprio che il tempo a nostra disposizione stia per esaurire: secondo Francesco La Camera, direttore generale dell’Agenzia, “Siamo vicini al momento in cui non sarà più possibile contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi”.

Fonte: rinnovabili.it 

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